giovedì 14 gennaio 2010

L'EDITORIALE (La Repubblica)

L'inferno di Rosarno
e i suoi responsabili

di EUGENIO SCALFARI


A ROSARNO ha infuriato per due giorni e due notti prima una sommossa e poi una caccia al "negro" con ronde armate che sparano a pallettoni per ferire e ammazzare. Nel terzo giorno, cioè ieri, gran parte degli immigrati è stata portata via dalla polizia nei centri di concentramento chiamati centri di accoglienza, sulla costa jonica della Calabria, ma la caccia al "negro" continua contro i pochi dispersi che vagano ancora nella piana di Gioia Tauro. Un incidente mortale potrebbe ancora accadere, visto lo stato d´animo dei "cacciatori" che ricorda quello degli aderenti al "Ku Klux Klan" nell´America degli anni Sessanta. Siamo arrivati a questo? Perché ci siamo arrivati?

I calabresi hanno difetti e virtù, come dovunque in Italia e nel mondo. Fra le virtù più radicate c´è quella dell´ospitalità, che ha un che di antico ed è tipica della civiltà contadina. Ma anche l´ospitalità si è logorata col passare del tempo e il mutare delle condizioni sociali. E con l´arrivo della mafia.
Fino ai Sessanta non esisteva mafia in Calabria. Esisteva il brigantaggio nei boschi dell´Aspromonte e delle Serre. Esisteva da secoli, ma non la mafia. Ora, da quarant´anni, la mafia calabrese è diventata la più potente delle organizzazioni criminali che operano nel Sud d´Italia e la gestione degli immigrati è una delle sue attività, specie nella piana di Gioia Tauro, dove le "´ndrine" possiedono anche fertili terreni coltivati ad aranci. Il caporalato è diffuso e utilizza il lavoro dei clandestini.

Attualmente sono valutati a circa ventimila i braccianti destinati alla raccolta delle arance, dei mandarini e dei bergamotti. Ma non è un fenomeno recente, dura da quindici o vent´anni in qua. Riguarda solo i maschi, non ci sono femmine tra loro né famiglie. Sono maschi singoli, senza dimora, alloggiati in ovili diroccati, senz´acqua, senza luce, senza cessi. E vagano per quelle terre in cerca di lavoro giornaliero.


Vagano in Calabria, in Sicilia, in Basilicata, in Puglia. Secondo le stagioni raccolgono agrumi, olive, uva, pomodori. Il lavoro è in mano ai caporali, quasi tutti affiliati alle mafie locali. Dodici ore per venti o venticinque euro sui quali i caporali trattengono un pizzo di cinque e i camionisti che li trasportano sui campi un prezzo di due o tre euro.

«Cercavamo il paradiso abbiamo trovato l´inferno» ha detto ieri uno di loro avvicinato da un cronista. Eppure, se continuano a cercar lavoro in quell´inferno vuol dire che sono fuggiti da inferni ancora peggiori. Sono gli ultimi della Terra. Quelli ai quali Gesù di Nazareth nel discorso della Montagna promise che sarebbero stati i primi nel regno dei cieli. Alla fine dei tempi. Dodici ore di lavoro a 15 euro di paga. I tremila di Rosarno e gli altri come loro non hanno tempo di pregare, stramazzano in un sonno da cavalli o da maiali grufolosi. È questo l´amore, è questa l´ospitalità?

I calabresi di Rosarno non sono certo abitanti di un paradiso. Sono quindicimila di povera gente e vivono in un paese sotto il tacco della mafia. Il Comune fu sciolto per infiltrazioni (si fa per dire) mafiose ed è amministrato da un commissario prefettizio. Ma quando si faranno nuove elezioni vinceranno ancora le "´ndrine" perché in quella piana la mafia è un potere costituito, in attesa che lo Stato lo sconfigga. Speriamo che avvenga presto, ma se mi domandate quando sarò tentato di rispondervi: «alla fine dei tempi», quando verrà il regno dei giusti e il giudizio universale. Prima ci sarà stata l´Apocalisse. Che sembra già cominciata.

* * *

Qualche domanda però è di rigore. La rivolgiamo al ministro dell´Interno, a quello del Lavoro, a quello delle Attività produttive, a quello dell´Agricoltura, competenti e quindi politicamente responsabili di quell´inferno. Ma le rivolgiamo anche al Prefetto, al Questore, al Comandante dei carabinieri, al Governatore della Regione. Non sapevate? Non sapevate che la raccolta dei frutti di quelle terre è affidata a ventimila immigrati, in maggior parte clandestini, gestiti da caporali e pagati in nero? Non sapevate come vivevano? Non vi rendevate conto che si stava accumulando un materiale altamente infiammabile e che l´incendio poteva divampare da un momento all´altro? Non avevate l´obbligo di intervenire? Di attrezzare un´accoglienza decente? Di regolarizzare i clandestini e il loro lavoro, oppure di rimpatriarli ma sostituirli visto che gli italiani quel tipo di lavoro non sono disposti a farlo?

Maroni ha messo le mani avanti ed ha dichiarato l´altro ieri che c´è stata troppa tolleranza: bisognava cacciare i clandestini o processarli per il reato di clandestinità. Ma se di tolleranza si tratta, a chi è rivolta l´accusa di Maroni se non a se stesso? Non è lui che predica la sera e la mattina la tolleranza zero? Se ne scorda per le terre a sud del Garigliano? Oppure si rende conto che, clandestini o no, gli immigrati sono indispensabili all´economia italiana? E che la tolleranza zero ci ridurrebbe alla miseria?

Al Nord è diverso: la miriade di piccole imprese della Val Padana e del Nordest hanno bisogno degli immigrati e organizzano un´accoglienza decente, salvo poi dare i voti alla Lega a tutela dell´"integrità urbana", della separazione o dell´integrazione col contagocce. Si può capire: l´immigrazione in Italia è arrivata tardi ma in dieci anni siamo passati da un milione a quattro milioni di immigrati. Il tasso d´aumento è stato dunque molto alto ed ha determinato inevitabili tensioni sociali. La classe politica avrebbe dovuto gestire questo complesso processo; invece ha puntato le sue fortune sulla paura e ne ha ricavato consenso.

Nel Sud non poteva che andare peggio. Lì non c´è purgatorio ma inferno. Lì sono i volontari i soli che tentano di sfamare gli "ultimi" e dar loro una parvenza di riconoscimento. Maroni e Scajola e Zaia e Sacconi preferiscono far finta che non esistano. Aprono gli occhi solo quando scoppia la sommossa e poi la caccia al negro. Ma non hanno altra ricetta che l´espulsione, anche se ieri Maroni ha smentito che di questo si tratterà per i clandestini di Rosarno. Ma chi raccoglierà le arance, i pomodori, le olive? Chi attrezzerà l´accoglienza?

Il partito dell´amore dovrebbe materializzarsi in quelle terre dove regna invece la violenza mafiosa, i bulli di paese che si spassano giocando al tiro a segno con i fucili ad aria compressa e sparando sul negro per vincere la noia.
Noi aspettiamo risposte alle nostre domande, anche se sappiamo per esperienza che questo potere non ha l´abitudine di rispondere.

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