venerdì 20 novembre 2009

Economia, lavoro, stranieri il Pd riparte dalla Bassa

giovedì 19 novembre 2009
Nel presentarvi l'articolo di BresciaOggi relativo all'incontro di venerdì 20 novembre a Pompiano (con la partecipazione di Debora Serracchiani) approfitto per ringraziare gli amici del PD di Pompiano e in particolare il coordinatore del circolo locale Mario Armanini, per averci coinvolto in questa interessante ed utile iniziativa. (M.B.)
Duplice appuntamento, promosso dal circolo del Partito Democratico di Pompiano in collaborazione con gli organismi provinciali. Con due iniziative, intende sensibilizzare i cittadini al dialogo ed al confronto per riprendere a parlare di politica sul territorio. I due convegni si svolgeranno il 20 novembre e il 4 dicembre nell'auditorium delle scuole medie in via Ortaglia con inizio alle ore 20.30.
Il tema affrontato nella prima serata sarà «Il Pd e la situazione politico-economica italiana» con relatori l'onorevole Debora Serracchiani (parlamentare europeo), l'onorevole Emilio Del Bono (capogruppo consiliare di Brescia del Pd), Matteo Meroni (imprenditore), Giovanni Armanini (giornalista della redazione economia di Bresciaoggi), coordinati da Mario Armanini, portavoce del locale circolo.
Nel secondo appuntamento si parlerà invece di «Immigrazione ed integrazione: si può fare?» Interverranno: padre Mario Toffari (direttore Ufficio diocesano pastorale dei migranti), Franco Valenti (presidente della Fondazione Piccini per i diritti umani), Elena Frantujani (copresidente dell'Anolf di Brescia), moderati dal giornalista Tonino Zana, inviato del Giornale di Brescia. «E' per noi un vero piacere ospitare a Pompiano l'onorevole Debora Serracchiani - ha osservato Mario Armanini -. Quando l'ho invitata, ha accettato subito in quanto la sua azione politica si basa proprio sul contatto diretto con il territorio».
«Le due serate - gli fa eco Rossella Olivari del gruppo "Semplicemente democratici" - hanno lo scopo di coinvolgere i cittadini su temi importanti. Non si può restare in silenzio, vittime della televisione. Non è accettabile sentirsi dire dalla gente "tanto siete tutti uguali". Il progetto del Pd va spiegato, partendo dai circoli locali per ritornare ad essere protagonisti nelle nostre comunità». Per informazioni è stato attivato il sito internet www.pdpompiano.rabu.it.
Pubblicato da Massimo a 19.05

Etichette: Iniziativa SemDemBs

Coccaglio, il "Bianco Natale" e la lega...



la Repubblica.it

Bossi: tutto legale. Bagnasco: accoglienza, è il dna della Chiesa
Gli amministratori di Coccaglio: abbiamo speso più per gli stranieri che per gli italiani
Viaggio nel paese di White Christmas
"I nostri figli hanno troppi amici neri"
dal nostro inviato SANDRO DE RICCARDIS

Viaggio nel paese di White Christmas "I nostri figli hanno troppi amici neri"
COCCAGLIO (Brescia) - Un anno fa, per John, il Bianco Natale è stato il concerto gospel nella parrocchia Santa Maria Nascente. È stato quelle lunghe notti di prove con i suoi amici del centro storico, ghanesi come lui, e coi senegalesi che arrivavano in chiesa dai condomini di via Castrezzato, gli unici palazzi in questo comune tutto ville e villette. "Un anno fa - dice ora John - il Bianco Natale era anche la mia festa. Io sono cristiano. Avevamo organizzato il concerto perché sappiamo che quel tipo di musica gli italiani la conoscono poco, la vedono solo in televisione". Poi John smette di parlare. Affonda il mento nella sua sciarpa rossa, gialla e verde come la bandiera del suo paese. "Quest'anno invece ci dicono che a Natale dobbiamo andare via".

A Coccaglio, il comune bresciano che con l'operazione "White Christmas" ha inaugurato la caccia al clandestino in nome del Natale, John e i suoi amici sono ormai un quinto della popolazione. Negli uffici del municipio c'è un grafico affisso al muro, che si arrampica ripidamente verso l'alto e mostra il terremoto etnico degli ultimi dieci anni. Aprile '98, 177 stranieri. Aprile 2009, 1583, su poco meno di settemila abitanti. Un'onda di migrazione che ha invaso questo borgo antichissimo e il suo centro storico che sembra rimasto immobile nel suo passato. Col castello romano ricamato di luci, la vecchia pieve dove ogni tanto si celebra messa, il monumento al madrigalista del '500 Luca Marenzio, proprio al centro della piazza che dal musicista prende il nome e divide due pezzi di città. Da una parte la caffetteria Ketty e il bar Al centro, vetrine lucide, arredi pettinati, clientela da middle-class di provincia. Dall'altra il bar Castello, comprato e gestito dai cinesi, frequentato soprattutto da stranieri. "Il nome lo conoscevo, "White Christmas", ma sinceramente non ci ho mai fatto caso - dice Romina, dietro il bancone della caffetteria Ketty - il problema è che del Natale a loro non gliene frega niente. Il nome forse è sbagliato, ma l'operazione, quella no. Loro qui non ci vengono. Perché fortunatamente con gli immigrati non ho mai attaccato". Il bar è un posto tranquillo. Entrano ed escono i clienti. Quattro sono seduti al tavolo. Arriva anche Monica, l'estetista del negozio accanto. "I miei figli hanno solo amici extracomunitari. Uno ha 14 anni, l'altro 12. Vanno in giro sempre con due romeni e due africani. A Coccaglio sono tantissimi. Io però non voglio che escano con questi. È razzismo questo?". Ma una ragione vera non c'è. "Mi chiede perché? Perché no. Non mi va. Non mi vanno nemmeno i loro genitori".

Mentre nel paese si discute e si commenta, l'amministrazione ha scelto il silenzio. Il segretario della Lega Nord Umberto Bossi dice che "il Comune ha applicato la legge, anche se non c'era bisogno di chiamare l'operazione "White Christmas", si poteva chiamare "Natale controllo della regolarità". E il sindaco Franco Claretti e l'assessore alla Sicurezza Claudio Abiendi, "leghisti dalla fondazione del partito", preferiscono non commentare. "Aspettiamo che Maroni riferisca in Parlamento, poi faremo anche qui una conferenza stampa" dice l'unico rappresentante in municipio dell'amministrazione, l'assessore alle politiche sociali Agostino Pedrali. "Da quando ci siamo insediati, a giugno, abbiamo speso più per gli stranieri che per gli italiani: 89mila euro contro 43mila". "Solo propaganda - replica il capogruppo del centrosinistra, Claudio Rossi - Su 150 alloggi da assegnare, solo due sono andati a stranieri".

Sui controlli in nome del Natale che hanno fatto indignare la politica e i cattolici, il presidente della Cei, il cardinal Angelo Bagnasco, di nuovo ha spiegato che "la Chiesa ha nel suo dna più profondo, sull'esempio della luce di Gesù Cristo, il tema dell'accoglienza, del dialogo. Questo non significa, assolutamente, andare contro la sicurezza, altro diritto e dovere di tutti cittadini". Per trovare un po' di dialogo basta spostarsi poco più in là, alla periferia del paese, in via Mattei, al bar tabaccheria May Day. In centro lo chiamano il "bar dei kosovari", ma a versare grappa e litigare con la macchinetta del caffè c'è Andrea Cavallini, "purissimo bresciano", la moglie, clienti italiani, albanesi, macedoni e kosovari. "Lavorano tutti, chi fa l'operaio, chi il muratore. Tutti in regola e lavoratori. Ma da qualche settimana sono tutti a spasso. I cantieri sono fermi per la crisi". Andrea, che è amico e un po' il padre di tutti i ragazzi slavi, si è tenuta la tabaccheria e ha ceduto a loro il bar. "A me l'iniziativa non è piaciuta. Ma il metodo è terribile. Ti spediscono una lettera, se non rispondi entrano in casa, vedono se hai clandestini. Si faceva così ai tempi del Duce, lo faceva anche Stalin. Vogliamo tornare lì?". Se chiedi ai giovani kosovari dell'operazione "White Christmas" smettono di giocare a calcio balilla e spengono i sorrisi.

"Il problema non sono i controlli e nemmeno il nome - dice Mergan - è il momento. Perché ora c'è il rischio che con la perdita di lavoro si perda anche la possibilità di rinnovare i documenti. È vero, c'è il sussidio di disoccupazione. Ma si può chiedere una sola volta. Poi, dopo, cosa si fa con la moglie e i figli che sono nati qui, a Coccaglio". Mergan ha 38 anni, è arrivato in provincia di Brescia undici anni fa, si è sposato e ha ora quattro ragazzi. La sua è la storia di tanta immigrazione, impiegata nei cantieri edili tra Bergamo e Brescia, alla Scab che produce mobili, alla Bialetti delle famose caffettiere, nelle tante officine meccaniche. "Non lavoro da mesi - dice Megan - . Sono gli italiani a non chiamarmi più. Se va avanti così, e poi un giorno vengono a farmi un controllo, cosa succede?".

giovedì 19 novembre 2009

Riaperta d’urgenza
la Repubblica di Salò
di Marco Travaglio


Ieri il piccolo duce ha smentito di aver mai pensato
alle elezioni. Dunque, vista la sua innata sincerità,
ci sta pensando seriamente. Per ora manda avanti
l’apposito Schifani, ventriloquo da riporto, per
vedere l’effetto che fa. Perché lo faccia, è lampante:
come nel 1992 il crollo della Prima Repubblica ne
scoperchiò la scatola nera sversando i liquami di
Tangentopoli e Mafiopoli, così ora salta il tappo della
cloaca politico-affaristico-mafiosa denominata Seconda
Repubblica. Le tubature non tengono più, i miasmi si
spandono dappertutto. E non passa giorno senza che
questa o quella procura s’imbatta, anche
involontariamente, in un condotto della Fogna delle
Libertà. In Campania l’arresto di Cosentino & C. A
Palermo Spatuzza, Grigoli e Ciancimino jr. parlano di
Dell’Utri e Berlusconi ai tempi delle stragi e delle
trattative. In Puglia c’è Giampi col suo harem di escort
bipartisan. A Milano mister Grossi, re delle cosiddette
“bonifiche ambientali”, è in carcere con la moglie del
vicecoordinatore nazionale del Pdl Abelli, e dietro la
porta gli amici Formigoni, Lupi, Gelmini e Berlusconi
tremano all’idea che qualcuno parli. Intanto saltan
fuori gli altarini della Arner, la banca svizzera usata da
noti mafiosi per riciclare soldi sporchi (indovinate di
chi è il conto corrente numero 1). Non c’è “d i a l o go ”,
riforma della giustizia, processo breve o morto,
prescrizione-lampo che sia in grado di fermare l’onda
nera. Il dialogo fa le pentole, ma non i coperchi. E non
c’è coperchio che possa richiudere il pentolone.
Qualcuno a questo punto obietterà che, al ducetto, le
elezioni servirebbero a poco: guadagnerebbe un po’ di
tempo e, casomai le rivincesse lui, si libererebbe pure
di Fini, ennesimo nemico interno dopo il Bossi
modello-base, Follini, Casini e Veronica. Peccato che
Fini oggi sia popolare almeno quanto lui (infatti i
sondaggi sono miracolosamente scomparsi dagli house
organ, che fino a due mesi fa ce ne rifilavano tre al
giorno). Ma non c’è più nulla di razionale nel disperato
agitarsi di questo pover’ometto in perenne fuga dal suo
passato. Come Hitler nel bunker e Mussolini a Salò, il
ducetto è solo, assediato dai suoi incubi e circondato di
servi sciocchi (quelli furbi sono in fuga da un pezzo).
Una Salò all’amatriciana, anzi alla puttanesca: al posto
dei giovanottoni sadomaso di Pasolini, le girls di
Tarantini. Roberto Feltrinacci incita alla pugna finale
ripetendo a pappagallo la pietosa bugia: “Il popolo è
con Te, o Duce, dall’Alpi al Lilibeo, ma non osa
manifestarlo e ti adora in silenzio”. Il feldmaresciallo
Alfred Sallusting, cranio lucido e pallore nibelungico,
stretto nel suo impermeabile di pelle nera esorta
all’estrema resistenza, armi in pugno e baionetta fra i
denti. Il principe grigio Junio Valerio Belpietro, pancia
in dentro e mento in fuori, invoca lo spirito
sansepolcrista e la fucilazione di Galeazzo Fini e degli
altri traditori a Verona. Nicola Bombaccicchitto, l’ex
socialista passato a destra, lancia il cappuccio oltre
l’ostacolo, ma alla fine cade in disgrazia, sospettato di
collusioni con la massoneria per via della sua
collezione di grembiulini e compassi. Augusto
Pavonzolini, dal palazzo dell’Eiar, distrae le masse con
culi, tette e balle a volontà. Lo aiuta il figlio segreto del
Duce, tale Bruno, che è tutto suo padre e, mentre
l’impero crolla, parla a “Lupa a Lupa” delle orecchie dei
cani. Claretta Bondi, vinta la concorrenza di Angelica
Carfagnanoff, lacrima e si dispera giorno e notte,
pronta a tutto pur di fare da scudo all’Amato, anche a
intercettare col suo corpo le raffiche partigiane.
Intanto il dottor morte Niccolò Ghedini, curvo nel
laboratorio dell’impunità su provette, serpentine e
alambicchi fumanti, prova e riprova la formula
dell’arma segreta, che non arriva mai e, quando arriva,
non funziona. Disperso, al momento, il camerata
Capezzone. Ma niente paura: non lo cerca nessuno.

martedì 17 novembre 2009

Cè non ce l'ha piu duro

LA STAMPA
15/11/2009
JACOPO IACOBONI
INVIATO A BRESCIA


Il "leghista d'assalto" convertito da Di Pietro

Alessandro Cè, l'ex capogruppo leghista alla Camera, in procinto di candidarsi nella lista di Antonio Di Pietro
Alessandro Cè sarà candidato dell'Italia dei valori


Un cavallo alato, un democristiano stringato, un ex capogruppo della Lega che passa all’Italia dei Valori... fenomeni concepibili nella mitologia greca. O nella politica italiana. Ma Tonino ha abituato a varcare le meraviglie del possibile.

La notizia è apparsa su un quotidiano locale di Brescia, e scientemente non è stata smentita dall’interessato: Alessandro Cè, l’ex capogruppo leghista alla Camera dei deputati, indimenticato medico della Valtrompia che disse «tifo Croazia, non Italia», l’uomo che fece sognare ai padani i lavori forzati per i clandestini (poi scavalcato solo da Gentilini, che voleva travestire gli immigrati da leprotti e aprire le cacce), bossiano della primissima ora e protagonista, alla pari con Giorgetti, di alcune tra le più memorabili giornate della storia di Montecitorio, starebbe per partecipare alla corsa per le regionali in Lombardia: ma con l’Italia dei Valori. Nel partito dell’ex pm confermano, «vorremmo candidarlo nella provincia di Brescia per le regionali del 2010». Lui per ora non fa annunci, con chi lo cerca si limita a glissare, «è ancora prematuro parlarne». Ma a Brescia danno la cosa per fatta.

Sarebbe, salvo sorprese, uno degli innesti più affascinanti nella pur varia situazione italiana, autori Tonino, il più vispo general manager dell’attuale calcio-mercato, e questo cinquantaquattrenne chirurgo così amato, a suo tempo, dal Senatur. Fu Cè a tacciare Ciampi, allora al Quirinale, di «populismo» per aver chiesto incentivi allo sviluppo del Sud; sempre Cè a chiamare «traditore» Fini quando ipotizzò il voto agli immigrati; ancora lui a litigare con Publio Fiori, che presiedeva la Camera al posto di Casini, a botte di «vergogna vergogna» perché l’altro aveva interrotto i leghisti; via via gli animi si surriscaldarono leggerissimamente. Cè finì poi espulso assieme al fido Giorgetti.

Quella volta a Montecitorio i commessi a momenti le prendevano dal gruppo del Carroccio. Non successe invece quando Beppe Pisanu, allora ministro dell’Interno, andò alla toilette, dicono, in segno di civile dissenso mentre i leghisti in aula gridavano che stava fornendo cifre false sull’immigrazione: Cè gli corse dietro; secondo gli stenografi, esortandolo a vergognarsi «con le più colorite espressioni». Chi lo conosce giura: «Uomo tranquillissimo. Sereno». Ecco, in comune con Di Pietro ha la passione; e la pratica di mostrarsi, sempre, antipolitico «tra la gente».

Fu, raccontano, uno degli inventori della formula «Roma ladrona», certo è uno di quelli che più l’hanno pronunciata in aula. La Gialappa’s, ingenerosa, gli diede dell’ «europirla». Rispose chiamando «razziste» le reti Mediaset (in questo, dipietrista di fatto). Fu visto piangere il giorno del malore di Umberto Bossi, che peraltro spesso lo mandava avanti, smussandone ex post i propositi bellicosi. Aveva però rotto di brutto col suo mondo, non solo la Lega. Assessore alla Sanità in Lombardia fin dal 2005, Cè ha lasciato l’incarico nel 2007, scontrandosi prima con Formigoni, e poi col suo amato Carroccio. Accusò: «E’ diventato un partito di Palazzo che sta coi poteri forti». E fondò il movimento Cristiani e federalisti, crocefissi e visite al dio Po.

Ora Di Pietro lo elogia solenne, «Cè ha rotto con la sua parte proprio perché sulla sanità vedeva una gestione non trasparente». Nulla è dunque precluso, nel futuro che ci apprestiamo a vivere, alla strana coppia.

domenica 15 novembre 2009

Aggiornamento sito

Aggiornato il sito del Partito Democratico di Gussago. Inserite le fotografie dell'Assemblea Nazionale vedi.... e dell'Assemblea Regionale vedi...

venerdì 13 novembre 2009

GUSSAGO: IN PIAZZA A FEBBRAIO, per ricordare che siamo anche un paese di cittadini "CONTRO IL RAZZISMO"

BREVI DI BIANCA
Un'ora di silenzio contro il razzismo
sabato 07 novembre 2009
(red.) Un’ora di silenzio per dire sì “all’uguaglianza di diritti per tutte le persone, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” (art. 3 della Costituzione), per affermare la libertà di accoglienza per bambini, donne e uomini, e sostenere la fratellanza di popoli e culture.
E’ la proposta della Carovana dei diritti e del Tavolo della pace Franciacorta monte Orfano rivolta ai cittadini bresciani sensibili ai problemi del razzismo, che oggi, secondo l’associazione, è in fase di recrudescenza e si lega ai flussi
migratori e alle intolleranze nei confronti delle minoranze religiose e sessuali.
“Anche la società italiana e le nostre città” afferma la Carovana dei diritti, “ sono attraversate da preoccupanti spinte razziste e di carattere xenofobo nei confronti soprattutto dei migranti, della popolazione rom e degli omosessuali".
Particolarmente preoccupante è il caso italiano: presentando l'ultimo rapporto, Amnesty international ha rilevato infatti "una pericolosa china razzista" del nostro paese, mentre diverse iniziative promosse dalle associazioni della società civile cercano di contrastare le campagne di criminalizzazione degli immigrati e dei rom, spesso istigate da talune formazioni politiche e sostenute da potenti mass-media, e ad aprirsi senza paura agli altri difendendone i comuni diritti”.
Più di quattro milioni di persone di origine straniera vivono oggi in Italia, lavoratori che, sostengono gli organizzatori dell’iniziativa, sono di aiuto all’economia del Paese e cercano di integrarsi nella comunità italiana. Persone spesso vittime di pregiudizi e usate come capri espiatori specialmente quando aumentano l’insicurezza economica e il disagio sociale.
“Una società che si chiude sempre di più in se stessa” si legge nel programma del tavolo per la pace, “che cede alla paura degli stranieri e delle differenze, è una società meno libera, meno democratica e senza futuro”.
Per tutelare il diritto di ognuno alla libertà viene proposto un momento di silenzio e di riflessione che la Carovana dei diritti porterà nelle piazze bresciane a partire da domenica 29 novembre a Rovato, in piazza Cavour dalle ore 10 alle 11.
Stessa iniziativa domenica 20 dicembre a Coccaglio in piazza Luca Marenzio alla stessa ora, domenica 31 gennaio 2010 sarà la volta di Chiari, dove la Carovana dei diritti sosterà dalle 10, 30 alle 11, 30 in piazza Zanardelli. A Gussago appuntamento in piazza Vittorio Veneto dalle 10 alle 11 di domenica 28 febbraio 2010. Ultima tappa domenica 28 marzo 2010 a Cologne, in piazza Garibaldi dalle 10 alle 11.

domenica 8 novembre 2009

Un "partito riformista che vuole le riforme". Rosy Bindi presidente.

Bersani: 4 punti per cambiare l'Italia


Superamento del bicameralismo perfetto, Senato federale, riduzione del numero dei parlamentari, rafforzamento delle funzioni reciproche di governo e parlamento. Ma ancora, attuazione dell'art. 49 della Costituzione "con una coerente e moderna legislazione sui partiti"; nuova legge elettorale "che consenta ai cittadini di scegliere i parlamentari" senza escludere una legge di iniziativa popolare.

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Pier Luigi Bersani

Pier Luigi Bersani

Roma, 07-11-2009

Superamento del bicameralismo perfetto, Senato federale, riduzione del numero dei
parlamentari, rafforzamento delle funzioni reciproche di governo e parlamento. Ma ancora, attuazione dell'art. 49 della Costituzione "con una coerente e moderna legislazione sui partiti"; nuova legge elettorale "che consenta ai cittadini di scegliere i parlamentari" senza escludere una legge di iniziativa popolare.
Infine, nuove norme sui costi della politica "fissando parametri che ci mettano stabilmente a chiaramente nella media comparata dei principali Paesi europei". Questi i
quattro punti per procedere alle riforme avanzate dal segretario del Pd Pier Luigi Bersani.
Nel corso del suo intervento all'Assemblea nazionale delPd, Bersani ha cosi' voluto ribadire che il Pd che guidera'e' un "partito riformista che vuole le riforme" ma che
"rifiuta alla radice l'idea che il consenso viene prima delle regole".

La crisi non è alle spalle
"La crisi non e' psicologica, non e' una nuvola passeggera, non l'abbiamo alle spalle. Nessuno vuol fare il pessimista o il catastrofista, ma pretendiamo che si
riconosca che abbiamo un problema serio". Lo ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani durante la relazione all'Assemblea nazionale del partito.
"Non si puo' pretendere - ha aggiunto Bersani - che le rose del governo siano senza spine. Davanti a un'assunzione diresponsabilita' da parte del governo, noi non ci sottrarremmo a qualcuna di quelle spine. Ma se continuiamo a sentirci dire che
il problema non c'e' o che si puo' aggiustare con palliativi per diventa difficile discutere

Servono misure vere
"Non ci si presenti, per favore, con una Finanziaria fatta di segnali irrilevanti.
Ci servono misure vere". Lo ha detto Pier Luigi Bersani all'Assemblea del Pd.
"Nell'inerzia, tornare per noi alle condizioni del 2007 sara' una
strada lunga. Bisogna che non sia troppo lunga", ha aggiunto Bersani,
invocando "una risposta nazionale ad uno sforzo che solleciti nel Paese il contributo anche di chi non sta vivendo la crisi".

Il lavoro in primo piano
Pier Luigi Bersani nel "preparare l'altenativa" propone che il Pd abbia una sua agenda di riforme che parta dal lavoro. "Il lavoro - dice nella relazione all'assemblea nazionale - e' il problema numero uno del paese e deve essere il primo impegno del nostro partito. Lavoro e impresa, a cominciare dalla piccola e media impresa" e assicura che "avremo una nostra posizione autonoma in questo campo, cosi' come su tutto l'arco delle riforme".

Il segretario del Pd mette al centro quattro punti fondamentali: "politica dei redditi contro l'impoverimento comprese soglie minime di reddito, salario e pensione; ingresso dei giovani nel lavoro; sistema pensionistico e i suoi effetti sulle nuovegenerazioni; rivisitazione della legislazione sull'immigrazione e la cittadinanza".

Bersani ritiene necessario anche riprendere il tema delle "politiche industriali e di ricerca" parla di "economia verde" come "motore della crescita, nel campo industriale, dell'edilizia, dei trasporti, delle energie rinnovabili". Il Pd, secondo il neosegretario deve anche essere "il partito dell'ammodernamento del Welfare che pero' difende i beni universali come salute, istruzione, sicurezza" per i quali "si assiste ad una riduzione e ad un degrado dell'offerta a causa di violenti tagli lineari e con battage ideologici dal grembiule, alle ronde, ai fannulloni".

Basta con le interferenze del premier sulla giustizia
Va bene la riforma della giustizia, a partire dai problemi dei cittadini, il Pd sara' disponibile a confrontarsi ma non puo' 'non vedere l'enorme difficolta' di un confronto totalmente e unicamente centrato sull'equilibrio dei poteri e soprattutto invaso dall'insuperabile interferenza di questioni che si riferiscono alle situazioni personali del
Paesidente del Consiglio, e segnato dall'aggressivita' e dallavolonta' di rivincita scagliate contro il sistema giudiziario ela magistratura'. Pier Luigi Bersani nella sua relazione affronta il tema della riforma della giustizia e afferma chequesti 'sono sentimenti e intenzioni che oggettivamente inquinano la discussione'. Quindi lancia una sfida a Pdl e Lega: 'e' in grado la maggioranza di liberare il tavolo da queste ipoteche? Questa e' la domanda, ed e' una domanda ineludibile, obiettivamente ineludibile'.

Prodi commosso ringrazia
"Sono commosso e ringrazio". Cosi' il presidente Romano Prodi risponde ai riconoscimenti che gli sono stati rivolti da Bersani, Bindi, Migliavacca e dall'Assemblea del Partito Democratico.
"Allo stesso tempo sono molto contento che i lavori di oggi
si siano svolti all'insegna dell'unita' e della collaborazione.
E' questa - conclude Prodi - la migliore partenza per il futuro del Partito Democratico".