martedì 17 novembre 2009

Cè non ce l'ha piu duro

LA STAMPA
15/11/2009
JACOPO IACOBONI
INVIATO A BRESCIA


Il "leghista d'assalto" convertito da Di Pietro

Alessandro Cè, l'ex capogruppo leghista alla Camera, in procinto di candidarsi nella lista di Antonio Di Pietro
Alessandro Cè sarà candidato dell'Italia dei valori


Un cavallo alato, un democristiano stringato, un ex capogruppo della Lega che passa all’Italia dei Valori... fenomeni concepibili nella mitologia greca. O nella politica italiana. Ma Tonino ha abituato a varcare le meraviglie del possibile.

La notizia è apparsa su un quotidiano locale di Brescia, e scientemente non è stata smentita dall’interessato: Alessandro Cè, l’ex capogruppo leghista alla Camera dei deputati, indimenticato medico della Valtrompia che disse «tifo Croazia, non Italia», l’uomo che fece sognare ai padani i lavori forzati per i clandestini (poi scavalcato solo da Gentilini, che voleva travestire gli immigrati da leprotti e aprire le cacce), bossiano della primissima ora e protagonista, alla pari con Giorgetti, di alcune tra le più memorabili giornate della storia di Montecitorio, starebbe per partecipare alla corsa per le regionali in Lombardia: ma con l’Italia dei Valori. Nel partito dell’ex pm confermano, «vorremmo candidarlo nella provincia di Brescia per le regionali del 2010». Lui per ora non fa annunci, con chi lo cerca si limita a glissare, «è ancora prematuro parlarne». Ma a Brescia danno la cosa per fatta.

Sarebbe, salvo sorprese, uno degli innesti più affascinanti nella pur varia situazione italiana, autori Tonino, il più vispo general manager dell’attuale calcio-mercato, e questo cinquantaquattrenne chirurgo così amato, a suo tempo, dal Senatur. Fu Cè a tacciare Ciampi, allora al Quirinale, di «populismo» per aver chiesto incentivi allo sviluppo del Sud; sempre Cè a chiamare «traditore» Fini quando ipotizzò il voto agli immigrati; ancora lui a litigare con Publio Fiori, che presiedeva la Camera al posto di Casini, a botte di «vergogna vergogna» perché l’altro aveva interrotto i leghisti; via via gli animi si surriscaldarono leggerissimamente. Cè finì poi espulso assieme al fido Giorgetti.

Quella volta a Montecitorio i commessi a momenti le prendevano dal gruppo del Carroccio. Non successe invece quando Beppe Pisanu, allora ministro dell’Interno, andò alla toilette, dicono, in segno di civile dissenso mentre i leghisti in aula gridavano che stava fornendo cifre false sull’immigrazione: Cè gli corse dietro; secondo gli stenografi, esortandolo a vergognarsi «con le più colorite espressioni». Chi lo conosce giura: «Uomo tranquillissimo. Sereno». Ecco, in comune con Di Pietro ha la passione; e la pratica di mostrarsi, sempre, antipolitico «tra la gente».

Fu, raccontano, uno degli inventori della formula «Roma ladrona», certo è uno di quelli che più l’hanno pronunciata in aula. La Gialappa’s, ingenerosa, gli diede dell’ «europirla». Rispose chiamando «razziste» le reti Mediaset (in questo, dipietrista di fatto). Fu visto piangere il giorno del malore di Umberto Bossi, che peraltro spesso lo mandava avanti, smussandone ex post i propositi bellicosi. Aveva però rotto di brutto col suo mondo, non solo la Lega. Assessore alla Sanità in Lombardia fin dal 2005, Cè ha lasciato l’incarico nel 2007, scontrandosi prima con Formigoni, e poi col suo amato Carroccio. Accusò: «E’ diventato un partito di Palazzo che sta coi poteri forti». E fondò il movimento Cristiani e federalisti, crocefissi e visite al dio Po.

Ora Di Pietro lo elogia solenne, «Cè ha rotto con la sua parte proprio perché sulla sanità vedeva una gestione non trasparente». Nulla è dunque precluso, nel futuro che ci apprestiamo a vivere, alla strana coppia.

1 commento:

  1. eppure Di Pietro coglie un dato vero: la rottura (e non era la prima) di Cè sulla Sanità con Formigoni è stata pubblicamente motivata con l'andazzo clientelare e opaco della gestione lombarda; la rottura con la Lega sarà la conseguenza del silenzio sul versante della solidarietà ai suoi argomenti e del rumore sulle vie di fatto scelte dall'allora suo partito (pronto il medico di Bossi a prendere il suo posto alla Sanità regiobnale più importante d'Italia - e di un bel pezzo di Europa). Noi l'abbiamo forse considerato un fatto interno alla maggioranza e forse così non era a suo tempo. Che poi l'articolista della stampa si meravigli delle compatibilitò delle prese di posizioni estremniste di Cè e della ,loro compatubilità cobn le pòosizioni dell'Italia dei Valori, beh questo è un problema dell'articolista; da sempre le posizioni di Di Pietro sono francamente sul versante di destra (a me induce molta più sorpresa - fattuale e morale - la convivenza in IdV di Zipponi) Certamente si evidenziò allora, parlo di Cè la natura intimamente cannibalistica della Lega nord (si ripercorrano, per stare ai nomi noti, le vicende dei bresciani Gnutti e Tabladini, del veneto Rocchetta; uomini di punta, leghisti antemarcia fatti fuori per prese di posizione politiche); questo mi sembrerebbe un bell'argomentare sulla Lega; cosa dire a Cè? Io personalmente con lui - politicamente - non sarei andato nemmeno a prendere un caffè; viene lui nelle vicinanze di casa nostra a prenderlo? Siamo tanto signori da non sentirne fastido, anzi (meglio così che il contrario). Saluti

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