martedì 29 novembre 2011

DISASTRO SCUOLA. UNA DELLE EREDITA’ DELLA DESTRA. MA NON ERA INCAPACITA’ A GOVERNARE: ERA VOLONTA’ POLITICA.

La Fondazione Agnelli fa l’ennesima indagine sulla scuola e presenta il risultato:
la scuola media è al disastro. Dopo anni e anni di egemonia berlusconiana e della destra, la scuola pubblica ormai è ridotta al lumicino.

Da La Stampa. Articolo di Flavia Amabile.

"La scuola media esce a pezzi dall`analisi della Fondazione Agnelli. Il rapporto del 2011 è tutto dedicato al ciclo intermedio dell`istruzione:160 pagine di numeri e analisi che descrivono un fallimento. Che altro si potrebbe dire di una scuola da cui 1 professore su 3, se può, scappa? O dove addirittura si trovano insegnanti (quasi uno su dieci) che non esitano a criticare il loro stesso mestiere? Persino un maestro (o una maestra) su 4 delle elementari la considerano un disastro, anche se si tratta di un ciclo superiore e quindi una specie di traguardo a cui aspirare. Nulla, bocciata anche da loro. Insomma qualcosa non va nelle scuole medie italiane. L`ex ministro dell`Istruzione Mariastella Gelmini probabilmente la considererà per sempre la sua riforma mancata, l`ultima, quella che avrebbe completato la sua opera. Non è detto che gliel`avrebbero permesso nemmeno se il governo Berlusconi fosse rimasto in carica l`intera legislatura ma per non perdere tempo stava preparando una riforma dell`esame di terza media. E comunque alla fine i ragazzi e le famiglie italiane dovranno convivere con la secondaria inferiore ancora per un po`. Non è un bel vivere a giudicare da quel che si legge nel Rapporto 2011 della Fondazione Agnelli. I professori potrebbero essere i nonni dei loro alunni. Se i docenti italiani sono già i più anziani all`interno dell`Ocse, quelli delle scuole medie detengono il primato assoluto: sono più vecchi persino di quelli delle scuole elementari e superiori italiane, età media dei prof di ruolo di oltre 52 anni,e una loro concentrazione soprattutto nella fascia fra i 58 e i 60 anni. Nessun insegnante di ruolo ha meno di 35 anni. E comunque trovarne è una vera rarità: oggi si diventa di ruolo a oltre 40 anni, il doppio rispetto a quello che avveniva all`inizio degli Anni Settanta. Quel che più lascia sbigottiti è che i meno soddisfatti della propria formazione sono proprio loro, i prof. Le tecnologie? Il 46% ritiene inadeguata, o poco adeguata, la propria preparazione contro il 39% degli insegnanti delle elementari e il 43% di quelli delle superiori. La multiculturalità?
Non ne parliamo: il 44% dei prof delle medie si ritiene non all`altezza rispetto al 27% delle elementari e il 43% delle superiori. Persino per comunicare con i genitori il 47% ritiene di non avere gli strumenti necessari invece del 30% delle elementari e del 45% dellesuperiori. Stesso discorso per la gestione della classe: il 39% non si ritiene preparato a sufficienza contro il 21% delle elementari e il 36% delle superiori. Come sintetizza il Rapporto,sono «poco attrezzati per affrontare i profondi cambiamenti che interessano gli studenti preadolescenti e l`organizzazione scolastica». Una simile catastrofe non può non fare vittime. Innanzitutto i preadolescenti italiani vanno a scuola meno volentieri dei loro coetanei stranieri. Solo il 17% dei maschi e il 26% delle femmine di undici anni è contento di stare in classe, un gradimento quasi tre volte inferiore rispetto a quello di Germania e Inghilterra e comunque molto più basso della media europea del 33 e 44%. Ma il gradimento cala ancora se si considerano i ragazzi dopo tre anni di medie. A 13 anni a dirsi contenti di andare a scuola sono solo il 7% dei ragazzi e 1`11% delle ragazze italiane. In tutti gli altri Paesi invece, il gradimento aumenta. Come sempre a rimetterci davvero sono i deboli. «La famiglia continua ad avere un ruolo decisivo e crescente nel tempo - sottolinea l`analisi. Chi ha genitori con al massimo la licenza media ha una probabilità tre volte più elevata di essere in ritardo in prima media e quattro volte più alta in terza media. Chi viene da una famiglia povera ha il 60% di probabilità di essere in ritardo rispetto a chi ha .un benessere economico elevato. E gli immigrati figli di stranieri - nati però in Italia - che iniziano le medie in condizioni di parità rispetto agli italiani possono perdere terreno anche di 3,5 volte entro la terza media. «La scuola media fallisce proprio dove la scuola primaria riesce: contenere l`influenza delle differenze sociali nei livelli di apprendimento», conclude senza sconti il Rapporto".

venerdì 25 novembre 2011

martedì 22 novembre 2011

BERSANI CHIARISCE LA POSIZIONE DEL PD.
Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ha chiarito ieri la posizione del Pd in una lunga intervista radiofonica.
"Domanda.I mercati restano in difficoltà, lo spread che cammina anche dopo l'insediamento del nuovo governo Monti. Insomma nessuno ha la bacchetta magica?"
Siamo in un'altra situazione, perché sarà possibile affrontare problema a fianco dei grandi Paesi europei cercando di correggere la linea della politica economica europea che fin qui si è dimostrata insufficiente e cercando, per quello che riguarda noi, di toglierci dal fronte più scoperto della crisi. Quel che cambia oggi è che siamo al tavolo con i primi paesi d'Europa
"Alcune misure per il governo. Sarà la patrimoniale il terreno di scontro tra PD e Pdl, visto che Berlusconi ha detto di essere contrario? "
Non esistono linee controverse all'interno del PD. Siamo un partito che discute e al momento giusto decide. Noi abbiamo già posizioni dichiarate: abbiamo presentato un emendamento alla manovra di Tremonti che parlava di imposizioni sui grandi patrimoni immobiliari e abbiamo presentato, quando si parlava di federalismo fiscale, un meccanismo di imposizione fiscale sui servizi erogati a livello locale con grande attenzione per le fasce più deboli. Tutto questo in alternativa alle soluzioni proposte dal governo Berlusconi di taglio lineare alle detrazioni fiscali. Noi abbiamo le nostre proposte e queste sono state presentate in bilanciamento del sistema fiscale che grava troppo sul lavoro e su famiglie e poco sui patrimoni, gli immobili e sull'evasione fiscale".
La riforma delle pensioni. Su questo si registrano posizioni differenti tra il responsabile economico del PD, Fassina che dice no e il vicesegretario Enrico Letta che sembra molto più disponibile. "Queste domande non si farebbero mai al Partito Democratico americano. Non è che Kerry, Clinton e Obama la pensano sempre nella stessa maniera. Si discute e dopo si stabilisce una linea politica. È molto agevole trovare la posizione del PD sulle pensioni. Noi consideriamo un'area flessibile di uscita dal lavoro tra i 62 e i 70 anni con meccanismi di incentivazione e disincentivazione. Tutto quello che si ricava da questa flessibilità deve essere portato a sostegno della previdenza dei giovani. Questa è la posizione del PD. Siamo in attesa di capire come potrà essere definito l'intervento del governo e siamo pronti a discutere secondo questo criterio in Parlamento. Non pretendiamo che questo governo faccia il 100% di quello che faremmo noi, però le nostre idee saranno al confronto nella sede parlamentare. È questa la nostra impostazione: accettiamo di discutere del tema delle pensioni ma pensiamo che questo tema possa essere affrontato con una logica di flessibilità attraverso meccanismi di convenienza in uscita. Ho apprezzato che il Presidente del Consiglio Monti abbia inteso riaprire un confronto con le forze sociali sulla base dell'accordo del 28 giugno dopo anni nei quali si è puntato sulla divisione. Io mi aspetto che questioni come queste vengano affrontate e impostate nel dialogo sociale".
C'è da parte dei sindacati una disponibilità dichiarata verso quanto farà questo governo. Ma resta spinoso l'argomento del mercato del lavoro. Monti vuole incontrare le parti sociali e questo ben dispone.
"Quello è il punto. Tutto deve essere affrontato con il dialogo sociale. Quanto alla discussione parlamentare, anche in questo caso abbiamo posizioni e documenti approvati sul tema del mercato del lavoro. Noi operiamo sostanzialmente perché ci sia una progressiva unificazione dei diritti di base dei lavoratori. Non drammatizziamo il tema dell'Articolo 18 perché il 95% delle imprese italiane non è sottoposto all'Articolo 18. Andando alla sostanza e non alle ideologie, se si vuole incominciare ad unificare il mercato del lavoro bisogna che un'ora di lavoro stabile costi un po' meno e un'ora di lavoro precario costi un po' di più. Questa è la nostra idea. L'eccesso di precarietà finisce per rovinare le esistenze e per dequalificare il mercato del lavoro. Questo si ovvia sia con delle norme, sia con elementi di convenienza e di costo. Noi abbiamo elaborato idee perché questo sistema dei costi sia più favorevole alla stabilità dell'impiego. Io ti do la flessibilità, ti do una quota di precarietà, però almeno tu mi paghi un po' di più. È impensabile di aggiustare con interventi di natura fiscale la prospettiva pensionistica se questa non parte da un salario decente quando si è giovani".
Il governo è composto da tecnici e Monti ha preso tempo per nominare viceministri e sottosegretari rigorosamente tecnici.
"Riconsideriamo quanto è successo: in dieci giorni abbiamo cambiato l'universo della situazione italiana e lo abbiamo fatto nelle condizioni che tutti conoscono di un lungo scontro politico. Definimmo e abbiamo tenuto ferma la posizione del PD che puntava ad un'autorevole presenza tecnica perché la tensione politica non imbarazzasse questa soluzione. Ora è chiaro che siamo di fronte ad una transizione e la grande partita sarà giocata con le elezioni. Il presidente del Consiglio è una persona saggia e accorta, farà le sue scelte e, se riterrà, ascolterà la nostra opinione. Certamente c'è un problema di raccordo con il Parlamento: se le figure tecniche e autorevoli che si possono trovare a livello di viceministri e sottosegretari avranno una certa attitudine, magari maturate in precedenti esperienze di dialogo con il Parlamento, tutto risulterà più facile. Noi siamo intenzionati a favorire questa prospettiva".
È difficile essere collaborativi con persone con cui fino al giorno prima si discuteva anche in modo aspro?
"Per noi l'Italia viene prima di tutto. Per l'Italia si può mandare giù anche qualche rospo. Siamo in una situazione atipica: non c'è una larga maggioranza, non c'è una larga coalizione, non c'è un governo d'unità nazionale. C'è un governo di impegno nazionale rispetto al quale ognuno si prende le proprie responsabilità. Noi non mettiamo condizioni ma non accettiamo che altri le mettano. Si discute in Parlamento su quello che dobbiamo fare per salvare il Paese. Se si dice no al fatto che chi ha di più deve dare di più, io non sono d'accordo. Stavolta lo sforzo deve essere fatto da tutti ma , ripeto, chi ha di più deve dare di più e non solo per equità ma perché altrimenti il Paese non ce la fa. Non mettiamo pregiudizi, blocchi e condizioni".
Torniamo in Europa. Domani inizia il tour di Monti. Nel Pdl dicono che nonostante le dimissioni di Berlusconi, lo spread rimane alto. Secondo lei ci sono anche delle responsabilità di Germania e Francia?
"Abbiamo due problemi: uno è legato al venir via dal fronte più esposto della crisi e questo incomincia a vedersi; l'altro, quello principale, è legato alla politiche delle destre in Europa che negli ultimi anni sono state completamente sbagliate. Ci troviamo davanti ad un'Europa azzoppata che non riesce a fare una politica comune seria per affrontare il problema del debito pubblico e degli spread. È cominciato con la Grecia. Per non aver voluto dire va bene paghiamo noi, garantiamo noi e poi facciamo i conti, per egoismi nazionali e chiusure politiche e culturali, si è lasciato che l’infezione si propagasse. E la Grecia che fa il 3% del Pil europeo è diventata un problema che ha contagiato tutti. Ora bisogna assolutamente invertire questa logica: l'Europa deve essere l'Europa. L'Euro va benissimo, è l'Europa che non va bene. Mi auguro che con il nuovo profilo del governo italiano si sia in condizione di porre anche questo problema mentre facciamo i compiti a casa senza che nessuno ci manda le letterine. E dobbiamo anche dire in sede europea che cosa va cambiato nelle politiche dell'Unione, far fronte comune sul serio, se no non si salva nessuno".

mercoledì 16 novembre 2011


 Martedì prossimo, 22 novembre 2011, aspettiamo tutti i tesserati e simpatizzanti del Partito Democratico del Circolo "Marianna Piardi" di Gussago per una

"ASSEMBLEA PROGRAMMATICA"

In questo momento di sbandamento totale ci ascolteremo, ci confronteremo tutti insieme. 


sabato 12 novembre 2011



Pronti al governo d'emergenza, lo facciamo per la gente e per i lavoratori

                Intervista di Sandro Ruotolo a Pier Luigi Bersani durante la trasmissione Servizio Pubblico di Michele Santoro
  • "Tanta gente ha pensato fino a poco tempo fa che se la nave affondava il problema era solo della terza classe. Non è così, stanno affondando tutti e se non si salva la terza classe non si salva nessuno".
LE RAGIONI DI UN IMPEGNO DIFFICILE: LA SALVEZZA DEL PAESE E LA PROTEZIONE DEI PIU’ DEBOLI.

Le ragioni dell’impegno del Pd a sostegno di un governo di salvezza nazionale sono chiare e non vanno smarrite.
Primo: l’Italia è sull’orlo del baratro. Se vi cadesse migliaia di imprese chiuderebbero, si perderebbero posti di lavoro, dovremmo ripagare a costi esorbitanti un debito enorme accumulato negli anni e che il governo Berlusconi ha alimentato invece di ridurre come aveva fatto il governo di Romano Prodi. Tempo da perdere non c’è, perché il governo Berlusconi non è stato in grado di affrontare la benché minima difficoltà ed ha lasciato il paese senza credibilità e con una gran massa di risorse già bruciate: tutti i tagli subiti se ne stanno andando in fumo, resi inutili dall’aumento dei tassi di interesse che siamo costretti a pagare sul debito in scadenza per poter avere altri soldi in prestito. Dunque, bisogna cambiare il volto dell’Italia di fronte al mondo per di mostrare che gli italiani non sono Berlusconi e deve prevalere un criterio di netta discontinuità, di assoluta novità, rispetto al governo del centrodestra che ha portato l’Italia al fallimento e alla derisione.
Secondo: il Pd accetta la sfida non facile non nel proprio interesse, ma nell’interesse del paese, dei ceti meno abbienti, dei lavoratori. E’ ormai chiaro a tutti che dovranno esser fatte altre misure, ma per uscire davvero dall’angolo è indispensabile che questa volta gli interventi siano più che equi: la lotta all’evasione fiscale (che è la vera differenza dell’Italia rispetto al resto d’Europa), la tassazione dei patrimoni immobiliari (altra differenza rispetto al resto del mondo civile), vere liberalizzazioni per aprire alla concorrenza vera e dare ai giovani la possibilità di cimentarsi senza dover sottostare a barriere di ingresso ad ogni professione, lavoro, attività di impresa. E finalmente Anche un’iniziativa di politica industriale. Quanto al welfare, bisogna ripartire dalla riforma degli ammortizzatori sociali e dagli accordi che uniscano sindacati e imprenditori in uno sforzo comune, due interventi senza i quali qualsiasi intervento genererebbe solo disoccupazione, divisione, tensioni sociali.
Terzo: l’impegno del Pd riguarda anche l’avvio di una ricostruzione democratica che riguardi lo Stato, a cominciare dai costi della politica (dimezzamento del numero dei parlamentari, vitalizi e così via) e riforma della legge elettorale.
Queste sono le ragioni per le quali il Pd assume il rischio, se ve ne sarà l’opportunità, di sostenere un governo di emergenza, purché abbia la credibilità necessaria e sia appoggiato da un’ampia base parlamentare.
Sulla stampa si agitano nomi, opzioni, riflessioni di comodo. Nomi non ce ne sono. Quel che c’è è il coraggio di offrire al paese una possibilità di salvezza. Fermo restando che nel caso in cui non sia possibile fare un governo di emergenza, si deve andare subito al voto, per vincere le elezioni e essere protagonisti della ricostruzione del paese.

venerdì 4 novembre 2011

                      

 Per conoscere Giordano clicca qui.


Pubblichiamo la lettera del nostro Segretario di Circolo Giordano Dossi, che commenta quanto successo domenica 30 ottobre 2011 alla commemorazione dell'Eccidio di Sella dell'Oca.