ELEZIONI EUROPEE 25 MAGGIO 2014
Domande e risposte sull’Europa 3° parte
Come far ripartire subito l'economia? L'Europa è davvero così impotente?
La crescita
europea è stata inferiore negli ultimi anni rispetto ad altre aree del mondo
anche perché la Banca Centrale Europea (BCE), a differenza delle altre banche
centrali, non è una banca prestatrice di ultima istanza ed ha come unico
obiettivo quello di tenere i prezzi bassi. Eppure anche senza cambiare i
Trattati Europei la BCE può fare di più. Può ad esempio immettere miliardi di
euro nell’economia reale comprando azioni e titoli di Stato in borsa (gli
esperti lo chiamano “allentamento quantitativo”). Ma la BCE è prudente: aspetta
prima il sostegno politico dell’Europa. Se il nuovo Parlamento si schierasse
con forza a favore di queste misure, questo consentirebbe alla BCE di lanciare
una grande operazione di immissione di denaro fresco per investimenti e
crescita.
Dopo sei
anni di crisi economica dobbiamo ancora avere fiducia nell'euro?
L'ingresso dell'Italia nell'euro ha portato stabilità e più vantaggi per le
famiglie, abbassando i rendimenti sui titoli di Stato e riducendo i costi nelle
transazioni internazionali. Fin dai primi anni della sua nascita l'euro si è
imposto come una delle principali monete mondiali, arrivando persino ad insidiare
il primato del dollaro. Tuttavia l'euro doveva essere solo il primo passo verso
un'integrazione maggiore degli Stati europei in senso federale. Gli economisti
della Commissione europea al tempo della creazione dell'euro avevano messo in
guardia sui rischi di una moneta unica non supportata da un bilancio federale e
da una Banca Centrale attiva per ridurre gli squilibri economici. La crisi ha
fatto emergere con forza questi elementi di debolezza. Oggi è compito della
politica completare le istituzioni e i meccanismo che faranno funzionare meglio
l'euro e l'economia europea: questa è la posta in palio con il voto del 25
maggio.
Perché
l'Europa ci chiede di rispettare vincoli di bilancio sempre più stringenti,
come il Fiscal Compact, mentre i cittadini chiedono lavoro e prospettive per il
futuro?
Bisogna innanzitutto chiarire che l'Unione Europea non ci chiede nulla che
non sia stato concordato in precedenza tra gli Stati Membri, come il Fiscal
Compact firmato anche dal governo italiano. I vincoli di bilancio, quando si fa
parte di un sistema economico integrato come quello europeo, sono importanti
poiché garantiscono una forma di coordinamento e, per un Paese come l'Italia,
sono un'assicurazione sul futuro, riducendo il peso del debito pubblico sulla
nostra economia. Tuttavia questi vincoli, se astratti dal contesto
dell'economia reale e se utilizzati come unico strumento di politica economica sono
inadeguati a far fronte ai momenti di crisi. Accanto alle regole sul debito
dobbiamo introdurre indicatori sociali di qualità della spesa (priorità a
occupazione e investimenti), per adattare le risposte della politica economica
europea alle esigenze della società. Gli indicatori di sviluppo e coesione
sociale devono avere lo stesso peso di quelli sul deficit pubblico!
In Italia i
cittadini hanno sempre più l'impressione che sia la sola Germania a dettare le
regole della politica economica in Europa, è davvero così?
Lo scoppio della crisi finanziaria ha scoperchiato un panorama economico di
profondi squilibri tra i Paesi europei. La risposta dell'Europa è stata
scoordinata, ovvero "ognun per sé", senza strumenti comuni di
solidarietà e riequilibrio. La Germania, il principale Paese creditore, si è
trovata a giocare un ruolo di forza relativa rispetto ai Paesi debitori ed ha
potuto avvantaggiarsi della debolezza e timidezza degli altri governi.
Proprio nel momento in cui vi sarebbe stato maggiore bisogno di un
intervento "federale" e coordinato per tamponare gli effetti della
crisi, infatti, i governi e la Commissione continuavano a rifiutare di attuare
le politiche necessarie a sostenere l'economia nei momenti di difficoltà.
Le questioni
economiche europee sono complesse e distanti dalla vita dei cittadini, come
possiamo rendere tutto più semplice e diretto?
Spesso continuiamo a ragionare come se il governo nazionale avesse a
disposizione tutti gli strumenti di politica economica. In realtà non è più
così. Avendo messo in comune la politica monetaria e quindi anche la politica
dei tassi di cambio e avendo sottoscritto accordi sui vincoli di bilancio, i
principali "attrezzi" della macroeconomia sono ora gestiti a livello
comunitario e non più nazionale. Per questo motivo, l'Unione europea dovrebbe
essere vissuta come una vera e propria arena politica, dove portare precise
rivendicazioni e condurre specifiche battaglie. Votare per il Parlamento
europeo non è un optional ma un passaggio cruciale: dalla crisi ne usciremo
solo se sarà l'Europa tutta a farlo, attraverso l'adozione di un più forte
coordinamento, maggiore solidarietà, nuovi strumenti per gli investimenti.
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