giovedì 10 marzo 2011

SILVIO NON VI SERVE PIU'!

“... Questa memoria gettata al vento da giorni di dolore...perché le idee sono come farfalle e non puoi togliergli le ali...questa maledetta notte... la riempiamo noi...”. Vecchioni vince! Benigni racconta la storia di un Risorgimento, l'orgoglio di una Nazione che ha combattuto per essere unita, il rispetto per un Paese che ha voluto nascere: “vince” a sua volta! Dobbiamo chiederci alla Mameli : “ L'ITALIA S'E' DESTA? A ritroso nel tempo abbiamo sentito la voglia sua, e degli altri, di arrivare, il coraggio di sognare, la tenacia di realizzare quei sogni. Ed era solo l'inizio! Fatta l'Unità mancava la nostra capitale: Roma. L'unica che sentivamo nostra senza la quale l'Italia, e lo sappiamo, non sarebbe Italia. L'abbiamo avuta in seconda tappa. Abbiamo vissuto due grandi conflitti e ci siamo arrivati sempre dopo gli altri forse perché, in fin dei conti, non li volevamo fare davvero. E ancora una guerra civile e di liberazione che ha portato molti di noi a scontrarsi, gli uni con gli altri, a temere il vicino di casa. E' assordante il ricordo del silenzio dei miei nonni quando con leggerezza ho chiesto loro, più di una volta, :“ Raccontami la tua storia della guerra”. Uno partigiano e l'altro marinaio che passò parte di quei giorni in prigione perché, non era quella la guerra che voleva fare. Come direbbe Coelho “... Un guerriero rischia il proprio cuore solo per qualcosa di cui valga la pena...”. Se avesse potuto sarebbe stato con l'altro nonno, lo so, sulle montagne a difendere quel che si era conquistato poco più di ottant'anni prima. Insieme ritornano alla mente poche righe del diario di Galeazzo Ciano il quale, con dolore e preoccupazione, scriveva più o meno così: “ Non siamo pronti, non possiamo entrare in battaglia, abbiamo armamenti per pochi mesi mesi. I vertici dell'esercito sanno ma lo vogliono accontentare, conta di più compiacere il Duce del bene del paese. Fatico ogni giorno a metterlo di fronte alla realtà ma mi risponde che gli servono qualche migliaio di morti per poter sedere al tavolo dei vincitori accanto ad Hitler. E' convinto che finirà tutto velocemente, che la Germania vincerà, ma io non la penso così, gli inglesi non si piegano”. Anche lui aveva nel cuore la sua nazione. Storie di giovani! Mia nonna riesce a darmi qualche immagine: la sofferenza di un soldato tedesco che guardava lei e la sua nipotina e con occhi tristi donava loro della cioccolata pensando alla sua famiglia; il distintivo con scritto “TACI” sulla sua veste di ragazzina e poi, come il Palombaro di Ungaretti, riporta alla luce le urla di un ragazzo. Lo avevano condotto sino a lì a forza di inforcate, gli strapparono le unghie e molto altro per sapere dove stavano i suoi compagni. Non parlò e morì sotto i suoi occhi e quelli di altri bambini che gli aguzzini avevano avuto la “premura” di chiudere nella piccola chiesa vicina perché non vedessero quanto succedeva. La curiosità della purezza, però, spinse i piccoli a spostare i banchi della chiesa per raggiungere le finestre. Forse un sacrificio così, era giusto, rimanesse nella memoria di alcuni Innocenti anche se costò loro lo scotto di molte lacrime. Troppo spesso ho sentito parlare con disprezzo di questo al fine di buttare sul passato la nostra incapacità di reggere il presente e progettare il futuro. Per nascondere una comunità che non sa fare pace con sé stessa abbiamo rimesso in discussione costantemente la storia: era più comodo occuparsi del passato e di quel che non c'è più! Per cercare una finta unità abbiamo accettato che non ci fosse più distinzione tra un giusto e sbagliato, tra bianco e nero. Abbiamo svilito il sacrificio di alcuni per annacquare un po' il nero delle colpe di altri. Così per il Risorgimento, così per la nostra più recente storia...! Perché in Italia “il tuo errore cancella il mio errore”! La comunità la realizziamo mettendo la testa sotto la sabbia, non ci facciamo carico della realtà, fingiamo di perdonarci e perdonare e ognuno va per sé! Insieme, ma solo all'apparenza!“... PERCHE' NON SIAM POPOLI, PERCHE' SIAM DIVISI ...” .Ma benché il rispetto dei morti sia doveroso e la condanna della violenza sia sempre da attribuire ad entrambe le parti resta una differenza che è sostanziale: i Fascisti fecero della violenza la scelta, il mezzo, con cui toglierci la parola, gli altri furono costretti ad usarla per donarcela di nuovo!”. Poi i tanti che hanno costruito la Costituzione, che hanno saputo unire un Paese sconvolto dagli attentati, che hanno cercato a tutti i costi, e sempre, difficili mediazioni, che hanno lottato per la giustizia. “... SON GIUNCHI CHE PIEGAN LE SPADE VENDUTE...”. E ancora indietro fino ai Romani, passando per l'indipendenza dei Comuni, per la cultura rinascimentale quando l'Italiano era la lingua dei più colti. Una lingua che, come mi ha detto un Pastore protestante su un treno per Bruxelles, è quasi come un canto: “Quand vous parlez, c'est comme si vous chantiez !”, esortando così me e la mia amica a continuare a disturbarlo con il nostro melodioso cicaleccio. Ma questo canto oggi? Ha i tratti del malinconico Passero Solitario? Wikileaks mostra un' amara verità che, forse, avevo immaginato ma che non avevo ancora toccato con mano. Con gli occhi di Ciano si vedono le sorti del mio Paese asservite al prestigio di alcuni. Una classe dirigente che ha deciso di galleggiare, di rimanere sempre dietro ai più forti vivendo della loro luce riflessa. Di noi lasciano questa cartolina: un popolo disposto a vendersi, o meglio a svendersi, convinto di valere poco più niente.“... NOI FUMMO... CALPESTI E DERISI...” Quando L'Italia ha deciso di valere tanto quanto il suo Premier? Quando l'Italia è diventata il suo Premier? Quando L'Italia si e fatta codarda ed ha mollato la strada più difficile? Nel 94, abbiamo scelto di affidarci ad un “Salvatore”, o meglio, a colui che si presentava come tale, un uomo forte, anzi potente, che avrebbe combattuto per noi, al nostro posto! Abbiamo abbandonato la lotta e abbiamo lasciato che dipendessimo da lui. Abbiamo rinunciato alla Fatica della Dignità per la Tranquillità della Comodità. Abbiamo Abdicato a essere l'Italia! Abbiamo permesso ci convincesse che avevamo bisogno di lui per fare e anche per non fare, persino l'opposizione aveva bisogno di lui per esistere, per sapere cosa non era. Per sedici anni, gli abbiamo perdonato tutto purché ci guarisse dalla nostra rabbia e dalle nostre paure dimentichi che l'Italia aveva avuto uomini ben più grandi di lui ma, come era giusto che fosse, aveva continuato a camminare anche quando questi non erano più. Ci è rimasta la Silvio-Dipendenza, ora la dobbiamo guardare e decidere: decidere di cambiare, decidere di guarire! “ DI FONDERCI INSIEME GIA' L'ORA SUONO'...” Direi che la mail, nonostante una linea disturbata, meriti un repentina e vigorosa risposta! Non orchestreremo, come lui vorrebbe, la buia tragedia della sua fine con spallate al Re, tradimenti, e complotti. Ci riprenderemo quel che ci spetta nelle sedi opportune, con le modalità che ci siamo dati per vivere insieme. Le donne, e non solo loro, hanno cominciato a farlo. Ci riprenderemo la Responsabilità di chi è cosciente che ancor prima del federalismo, ancor prima del debito pubblico e di tutti gli altri problemi c'è da ricostruire una comunità che non sa più a quali valori aderire dove la relatività, metro di misura per tutto, si scambia con la comprensione. Ci riprenderemo quella Responsabilità per cui, materialmente, ognuno di noi sia disposto a fare un passo indietro a favore di un progetto collettivo, a superare le divisioni interne, a rinunciare a fare il rivoluzionario se questo vuol dire strappare quel poco che ci unisce, a tendere una mano e a capire anche chi non la pensa come noi. “...UNIAMOCI UNIAMOCI... CHI VINCER CI PUO'...” Lo abbiamo già fatto: altre volte abbiamo sperato; altre volte abbiamo cambiato rotta, altre volte abbiamo realizzato i nostri sogni. Pretendiamo di pensare e gridare, quello che sino ad ora non siamo mai riusciti nemmeno a immaginare convinti che il lento declino a cui Silvio ci ha abituati, preparati e destinati, per il suo vantaggio, fosse il massimo cui ci fosse concesso di aspirare. Prendiamo la forza dalla nostra storia: decidiamo di fare a meno di Silvio. Riprendiamoci la nostra dignità: decidiamo di tornare a essere un grande Paese. “...STRINGIAM'CI A COORTE... SIAM PRONTI... L'ITALIA CHIAMO'...”! Manca ormai mezz'ora alla fine, l'allenatore si alzi in piedi e non abbia paura! In porta abbiamo Zoff e Napolitano, portiamo la difesa da 4 a 3. Lasciamo Baresi difensore centrale insieme alla magistratura. Chiediamo a Maldini e Nesta, insieme alle nostre imprese, di percorrere incessantemente le fasce, di spingere la quadra in su e avere anche la forza di tornare. Gattuso e Oriali, a centro campo, stringano i denti, come i nostri lavoratori stanno facendo per permettere a Mazzola e Rivera, scuola, università, Chiesa, società civile, di tramandare i valori per costruire il nostro futuro, l'azione del gol. Davanti ci sono già Paolo Rossi, Baggio e Riva. Al più vecchio e agli errori passati chiediamo di uscire: ormai è tempo! Sostituzione! Proviamo il tutto per tutto!Si tratta di correre fino all'ultimo, di fare da spalla a chi deve entrare. Il giovane si sta scaldando, a bordo campo saltella. E' spregiudicato e anche un po' incosciente ma al mister ora il compito di dargli fiducia: “Entra senza paura, noi abbiamo fiducia in te!”. Gli occhi si stringono, sale l'adrenalina, il cartello si alza, un bacio a terra per salutare la nostra Patria. Fuori Silvio! Entriamo! IL NOSTRO PAESE HA BISOGNO DEL NOSTRO GOL! Rossella Olivari

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