domenica 6 dicembre 2009

NO B-DAY

Rosy superstar. Il Pd c'è, sfila l'opposizione

di Maria Zegarellitutti gli articoli dell'autore

«Rosy, per fortuna ci siamo. Hai sentito quanta gente ha detto “se non foste stati qui ci saremmo sentiti orfani”?». Dialogo fra Giovanna Melandri e Rosy Bindi, alle sei del pomeriggio. Per fortuna ci sono andati i leader del Pd, si ripetono tra di loro, perché questa rivoluzione viola che è arrivata dal mondo virtuale e si è imposta in quello reale è imponente, molto di più di quanto si aspettavano gli organizzatori, molto di più di quanto vi racconteranno i tg e il bollettini della questura e del Viminale. Per fortuna che c’erano i leader del Pd, dal suo presidente, Bindi, al vice Scalfarotto, all’ex segretario attuale capogruppo alla Camera Dario Franceschini, a Ignazio Marino, Paola Concia, e tanti altri ancora. Perché quando attraversano il corteo il popolo Pd - un sacco di gente - li riconosce e va a ringraziarli.

Il popolo e le bandiereUn popolo discreto e rispettoso della manifestazione «che non è dei partiti ma della società civile», arrivato senza le bandiere perché così era stato deciso e invece una volta qui si accorge che l’Italia dei valori ne ha portate a pacchi, come i cappellini. Idem Rifondazione comunista, Sl, i Verdi. E così capita che Silvana, del circolo Pd di Trastevere, cuore rosso di Roma, fa un cenno ai suoi ed ecco che ne spuntano una trentina, salta quel telo viola dallo striscione e campeggia la scritta Pd. Rosy Bindi fatica a farsi largo, la fermano ad ogni passo. «Rosy sei l’unica con le palle», le grida un ragazzo, e lei «lo prendo come un complimento». Due giovani stranieri le offrono una birra, ragazzi di Bergamo vogliono le foto. «Sei grande presidente, però certo Bersani poteva pure esserci...». «Bersani è qui», porta la mano sul cuore, «non c’è, non c’è» le risponde un gruppo di donne. Il «partito è qui, c’è n’è tanto in questo corteo», risponde una, due, cento volte. Non le piacciono tutte queste bandiere, «non è giusto che i partiti siano arrivati con le loro bandiere, dovevano venire con il viola o fare come me, un nocciola neutro. Bisogna avere rispetto di questo popolo, di tutta questa società civile che oggi è qui».

Poco più indietro Ivan Scalfarotto dice che non ci sono polemiche perché, è stato giusto così: esserci senza metterci il cappello. E però che fatica trovare la collocazione senza rischiare di finire sotto le bandiere dell’Idv o di Rifondazione. Così capita anche che la Bindi per sfuggire la falce e il martello finisca tra i «viola» - «perchè sono di sinistra ma non comunista» -senza accorgersi in tempo che dietro c’è un cartello con su scritto «Berlusconi tromba meno». Atletico scatto in avanti. Applausi quando arriva Dario Franceschini che si piazza affianco a Marino, «il congresso è finito», scherzano.«Ci sono tantissimi giovani, è una novità straordinaria», commenta Franceschini con Jean Leonard Tuadì. «Per fortuna che ci siete»: se lo sentono dire un’infinità di volte. Perché loro, quelli che vogliono ancora credere sia possibile mandare a casa il premier ci sono e hanno invaso la capitale per dimostrarlo. E non sono «un popolo di frustrati», come qualcuno nel centro destra vorrebbe sostenere, «è un popolo di indignati», precisa Bindi. «Indignazione costruttiva», la definisce Debora Serracchiani.

I partiti Parecchi striscioni più avanti, sotto il fiume di bandiere Idv, c’è Antonio Di Pietro. Dice che oggi non vuole fare polemica con il Pd e Pierluigi Bersani. Forse lo farà da domani perché le elezioni regionali sono alle porte, le alleanze ballano sul tavolo dei partiti. Idv o Udc con il Pd? Ecco, se ne riparla domani. «Oggi è la prima giornata di resistenza attiva prima di dare la spallata finale a un governo piduista e fascista», dice Tonino. Paolo Ferrero invece fa polemica con il Pd: «Hanno scelto di non aderire,mi sembra un errore grave, ormai l’opposizione la fa il paese». Oliviero Diliberto si gode la piazza «Se ci fosse tutta l’opposizione saremmo ancora più forti, forse il Pd si sarà pentito di non aver aderito». No, Pierluigi Bersani non si è pentito. Dice: «Questa gente dimostra che era giusto non metterci il cappello sopra. Al Pd come partito adesso spetta tradurre questa energia contro in un’alternativa a Berlusconi. Ed è quello che faremo».

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