lunedì 22 novembre 2010

Documenti sul Richiedei dal Consiglio Comunale

E' stato inserito l'Ordine del Giorno approvato nel Consiglio Comunale del 17 novembre 2010 sulla Fondazione Richiedei, inviato ai Consiglieri Regionali sia di maggioranza che di minoranza.

Inserito anche il nuovo Piano Industriale della Fondazione Richiedei.

mercoledì 27 ottobre 2010

Verso Sella dell'Oca


L'ANPI in collaborazione con il circolo del Partito Democratico Gussaghese e con l'Associazione Sinistra a Gussago, organizza per venerdì prossimo un incontro per prepararci alla commemorazione della fucilazione dei Partigiani Bernardelli, Zatti e Moretti avvenuta sulle colline gussaghesi in località Sella dell'Oca.

domenica 17 ottobre 2010

lunedì 11 ottobre 2010

Lettera al Prefetto

Brescia, Giovedì 07 ottobre 2010 Alla c.a.: Dott.ssa Narcisa Livia Brassesco PREFETTO DELLA PROVINCIA DI BRESCIA Gentilissima dott.ssa Brassesco mi scuso anticipatamente per la forma di queste righe. Non ho la competenza tecnica per usare i “termini ed il registro giusti”, so che, come mi ha detto qualcuno, mi sto facendo ricevere dal Presidente della Repubblica in pantaloncini e scarpe da ginnastica ma d'altronde in valigia ho solo questo per ora. Lo scopo di questa poche parole è quello di sostituire un'amichevole chiacchierata che, per ovvi motivi, non credo che avrò modo di fare con Lei. Tutto ciò, lo so, non equivale ad una conversazione: non potrà vedere la mia espressione; udire il tono della mia voce; notare il mio gesticolare mentre parlo, elementi che Le avrebbero, certamente, permesso di interpretare più facilmente il mio sentire ma cercherò, con la scrittura, di fare del mio meglio. Come Lei sa sabato mattina, davanti alle Sua sede di lavoro, ci siamo riuniti per far sentire la nostra voce riguardo la questione della scuola di Adro. Vedendo tutta quella gente ho pensato che sarebbe stato giusto dare l'opportunità, a chi lo desiderava, di esprimere quella che era la sua sensibilità, quello che lo aveva colpito, quello che lo aveva spinto ad essere lì, quella mattina, e che avesse modo di farglielo sapere. Così, presi un cartellone, delle penne e dei post-it, abbiamo cercato di lasciarLe i nostri messaggi, definendoli, scherzosamente, i Suoi compiti per il lunedì. Nel rispetto delle Sue disposizioni non ho lasciato il cartellone, quella mattina, al suo ufficio ma non me la sentivo di tenerlo io, di non farglielo avere. Avevo convinto tante persone a scriverLe, a confidarsi con Lei, mi sembrava di tradirli, pertanto le ho fatto le fotocopie e le ho allegate allapresente. La cosa che mi preme di più è però questa: se avrà il tempo di prendere visione dei messaggi, troverà che alcuni esprimono rabbia, altri tristezza, altri ancora delusione. Alcuni non saranno piacevoli da leggere ma io non me la sono sentita di censurare nessuno: i sentimenti vanno ascoltati, anche quelli che non ci piacciono prima che diventino azioni che non ci piacciono. Da cittadini, mi sento di dire che volevamo comunicarLe questo, lo scopo era questo :” Abbiamo un problema. La vicenda di Adro ci ha creato un disagio che non è solo materiale, per molti sta anche nella sfera della nostra emotività. Le chiediamo di farSi carico del nostro problema e di dirci se e perché stiamo sbagliando oppure, se così non è, Le chiediamo di difenderci. Se ritiene non sia compito Suo, ci dica da chi dobbiano andare. Il Suo silenzio ci ha fatto male, è stato assordante per noi. Vogliamo sapere se possiamo fidarci di Lei. Vogliamo sapere se possiamo contare su di Lei. ” Questo era il mio messaggio per Lei: “ESIGO RISPETTO. IL SINDACO DI ADRO ME L'HA NEGATO ISTITUZIONALMENTE”. Per me, ancor prima che politica, ancor prima che istituzionale, questa vicenda riguarda la mia persona e il RISPETTO che mi è dovuto. Qualcuno ha pensato che, invece di convincermi della bontà delle sue idee, era meglio passare direttamente ai fatti. Hanno preferito impormi anziché confrontarsi con me. E ora, piuttosto che trovare una via che sia crescita per tutti, di fronte alla mia indignazione, stanno usando scuse patetiche con l'intento di farmi pure fessa. Sa come si dice da noi “ Buoni sì, ma cretini no!” e io ci vedo ancora troppo bene per non riconoscere un simbolo che ho visto molte volte sulle schede elettorali! Non fosse altro per la intelligenza di cui sono dotata non riesco ad accettare di essere scavalcata così! E ormai questo succede troppo spesso da troppo tempo! Io posso accettare di essere una minoranza, posso accettare di fare le mie proposte e che queste poi non vadano in porto perché la maggior parte non la pensa come me, ma non sono disposta ad accettare che, in una Democrazia, l'essere minoranza significhi anche perdita del rispetto che mi si deve, lo ribadisco, prima ancora che come cittadina, in quanto persona. Aggrava poi tutto ciò il fatto che le prepotenze vengono perpetrate da altre minoranze: la Lega, nonostante tutti i suoi slogan e la pretesa di essere l'unica custode della pura verità, non mi sembra abbia mai ottenuto più del 50% dei voti nel nostro paese! Tra i tanti bigliettini infine ne troverà uno particolare: non è scritto, è scarabocchiato perché la Piccolina che ce l'ha fatto non sa ancora scrivere. Ho creduto fosse giusto che anche lei Le lasciasse un messaggio, a modo suo. Non serve sottolinei che questa piccola cittadina ha pieno diritto di chiedere di crescere facendosi le proprie idee, creando da sé la sua identità che, come molti mi hanno insegnato, si costruisce così: IO DIVENTO IO DICENDO TU. Senza lo specchio dell'altro non sappiamo chi siamo: quando riconosciamo qualcosa che ci somiglia scopriamo una parte di noi così come quando troviamo qualcosa a cui decidiamo di non aderire. Non so giudicare la chiarezza di queste parole ma so che volevo renderLe un servizio. Lo Stato prima ancora che gestire i fatti, o la realtà del momento, credo abbia il dovere di interpretare gli umori dei suoi cittadini, di capire se questi hanno una sofferenza e cercare di porvi rimedio: prima possibile. E come ho letto in un articolo di Mino Martinazzoli “IL FATTO E' CHE NON BASTA PARTIRE, BISOGNA ARRIVARE, POSSIBILMENTE IN TEMPO!” A muovere le nostre azioni sono sempre le nostre emozioni e se vogliamo prevenire dobbiamo ascoltare. Stessa cosa, già che ci sono gliela dico, per un'altra vicenda: una mattina della scorsa settimana ho visto una manifestazione di ragazzi immigrati. Ho avuto paura! Non perché ero in mezzo a loro ma perché ho sentito la loro disperazione, ho sentito la loro voglia di giustizia, urlavano: “ SIAMO QUI” . E poi mi sono sentita in colpa: ci stanno chiedendo di vederli, di ammettere che ci sono e di farli stare qui da persone oneste e noi non lo stiamo facendo! Dobbiamo prendere atto che, come comunità, la TAC ha ragione: siamo malati! Come un malato ora dobbiamo prendere coraggio e andare oltre la paura, accettare il cambiamento e trovare la forza di curaci per tornare a stare di nuovo bene: TUTTI INSIEME! Spero che non trovi queste parole irriverenti o poco rispettose della carica che ricopre, non era mia intenzione, il problema è che non sapevo dirLe, in linguaggio istituzionale, i miei sentimenti e quelli che ho intuito negli altri. Mi piacerebbe molto conoscere la Sua opinione riguardo a tutto ciò, so che per me sarebbe un arricchimento ma non la pretenderò: perchè confido in Lei che certamente sa, meglio di me, quello che è più consono alle sue responsabilità. In ogni caso un vivo ringraziamento per il tempo che deciderà di dedicarci. Augurandole buon lavoro porgo distinti saluti. Rossella Olivari

giovedì 16 settembre 2010

"Noi finanzieri ostaggi di Tripoli su quelle navi non vogliamo salire"

IL RACCONTO "Noi finanzieri ostaggi di Tripoli su quelle navi non vogliamo salire" La testimonianza di un ufficiale impegnato nei pattugliamenti congiunti: "I libici si comportano come se fossero i padroni. Quello che è successo è incredibile" dal nostro inviato FRANCESCO VIVIANO LAMPEDUSA - "Sparare è l'ultima ratio, in casi di enorme pericolo. Ma di certo un peschereccio non poteva rappresentare un pericolo. Volevano bloccarlo? Ci sono tecniche che lo permettono, senza l'uso delle armi. Ma sa qual è la cosa più triste? Mentre i libici sparavano i miei colleghi a bordo erano impotenti. Perché non potevano fare nulla, non potevano intervenire. Abbiamo le mani legate: il nostro unico compito è di insegnare ai militari di Tripoli a governare quelle motovedette di 28 metri che il nostro governo ha ceduto a quello libico. Ho parlato con i miei colleghi a bordo e le posso assicurare che sono, a dir poco, sconcertati e non vedono l'ora di rientrare in Italia. Anche perché nei nostri confronti i libici non si comportano certo bene. Siamo sistemati in un albergo, ma è tutto recintato, è una sorta di prigione dalla quale usciamo soltanto per andare in mare con loro per le attività programmate". Chi parla è un luogotenente della Guardia di Finanza, 45 anni, oltre la metà trascorsi in mare in servizi di pattugliamento nel Canale di Sicilia. L'ufficiale ha due figli e tante esperienze vissute in mare. Vita dura perché è ancora impegnato nei servizi di respingimento degli extracomunitari che vengono bloccati fuori dalle nostre acque territoriali e ricondotti in Libia. "Quel che è accaduto l'altro ieri è davvero incredibile, purtroppo noi siamo comandati a fare quei servizi e siamo costretti a salire a bordo di quelle imbarcazioni, perché gli accordi tra il governo libico e quello italiano lo prevedono". L'ufficiale racconta che su ognuno di quei mezzi salgono cinque o sei italiani. "Ognuno di noi ha un preciso compito: occuparsi dei sistemi di comunicazione, della condotta della motovedetta, dei propulsori e di altri aspetti tecnici. Non possiamo interferire per nessuna ragione. A bordo, come a terra, i libici si comportano da "padroni", spesso arroganti e scostanti. E noi dobbiamo sopportare. I soldi in più che guadagniamo in queste missioni non valgono proprio il gioco. Soprattutto quando, com'è accaduto l'altro ieri, dobbiamo assistere impotenti a un tentativo di abbordaggio con l'uso delle armi, le nostre armi, contro dei connazionali indifesi. Tutto ciò non si può sopportare". I finanzieri tentano, quando hanno sentore che si salpa per operazioni particolari, di non salire a bordo. "Proprio per evitare di assistere a episodi come quello di domenica. Ormai i militari libici li conosciamo un po' e sappiamo che quando si salpa verso certe direzioni si va incontro a dei guai. E quando abbiamo qualche dubbio, per un motivo o per un altro, ci rifiutiamo di salire a bordo con loro. L'altro ieri evidentemente i miei colleghi non hanno sospettato nulla". I nostri militari che svolgono servizi di pattugliamento anti immigrazione si trovano tra due fuochi. Da un lato ci sono gli ordini "e gli ordini devono essere, volenti o nolenti, rispettati". Ma da quando la Procura di Siracusa ha indagato alcuni militari della Guardia di Finanza per avere "respinto" in mare extracomunitari intercettati in acque internazionali, sono ancora più in difficoltà. "Cosa dobbiamo fare? Se non li respingiamo incorriamo in provvedimenti disciplinari, se li respingiamo veniamo indagati. Ed allora come uscirne? Questa storia dei respingimenti è uno dei servizi più crudeli che svolgiamo. E da molti mesi si registrano casi di "ammutinamento" nel senso che molti pattugliatori, che dovevano salpare dai porti liguri o toscani per darci il cambio, non partono proprio. I nostri colleghi, giustamente, si rifiutano di svolgere questo servizio "infame" che non ci fa dormire la notte. Ma per non salpare ci vuole un motivo plausibile e quindi spesso il comandante o qualche ufficiale indispensabile si "ammalano". Oppure sull'imbarcazione si verifica un "problema tecnico"". Anche in mare si trovano delle scorciatoie per non eseguire i "respingimenti". "Questo, come detto, è un servizio 'infame', ed allora ognuno di noi si assume delle responsabilità, dei rischi. Per cui se possiamo appigliarci a qualcosa lo facciamo, trasferendo a bordo gli extracomunitari che incontriamo in mare, per motivi di sicurezza e soprattutto per motivi sanitari. Ma anche questo lavoro non è facile perché molti dei clandestini sono disposti a tutto, hanno paura che li riportiamo in Libia ed allora minacciano di uccidersi davanti a noi. Anche donne con in braccio i loro bambini, che ci pregano di salvarli. Ci dicono che sono pronte a lasciarsi annegare insieme ai figli. Davanti a queste situazioni, cosa fai? Io sono un militare, ma soprattutto un uomo, un padre. E a costo di rischiare provvedimenti disciplinari, non lo farò mai più. Un giorno o l'altro dovrò rendere conto a qualcuno ed io voglio avere la coscienza pulita". (15 settembre 2010) La Repubblica

martedì 14 settembre 2010

Il Partito Democratico sulla Scuola

Ecco un documento del PD Lombardo sulla grave situazione della scuola.
Facciamolo girare.